Storie di FTD
Storie di Fronto Temporale 5 – Parte Seconda
marzo 22, 2018
Logo incontri
Incontri di Sostegno per Famigliari – Valle Camonica
marzo 30, 2018

Storie di Fronto Temporale 5 – Parte Terza

Storie di FTD

La storia di oggi richiederà solamente due minuti di lettura, prendeteveli e arrivate fino in fondo.

La forza delle parole scritte sta nel farle proprie.

 

Pamela, 18 anni.

“La malattia era diventata per me un modo per mettermi alla prova, per dimostrare tutto il mio affetto a Papà standogli accanto.”

 

Nell’estate del 2015 mio papà manifestava già chiaramente i segni della Malattia Fronto Temporale: smise quasi completamente di parlare e di camminare. Mi ricordo che nelle giornate più calde ci sedevamo insieme a guardare un film, poi mi accovacciavo sulle sue gambe e mentre mi accarezzava i capelli mi addormentavo.

Uno dei sintomi che più ho sofferto della malattia di papà è stato l’apatia: la progressiva perdita della capacità di parlare lo portò a manifestare sempre più difficilmente le sue emozioni. Non si arrabbiava, né si rattristiva ed era diventato difficile anche farlo ridere, nonostante lui fosse sempre stato una persona solare e scherzosa.

Fin da subito mi era stato detto che la malattia avrebbe trasformato papà in un’altra persona, che l’uomo che conoscevo e a cui volevo ben sarebbe morto con l’inizio della malattia, lasciando solo un corpo, incapace di giudizio proprio, una persona confusa, persa in sé stessa, segnata da un costante degrado cerebrale.

All’inizio fu per me molto difficile, ero spaventata, non sapevo come comportarmi al meglio con lui: non volevo che si accorgesse di quanto i suoi cambiamenti ci facessero male, perché se così fosse stato avrebbe senza dubbio sofferto anche il peso morale (oltre che quello fisico) del suo malessere.

L’effettiva mancanza del ruolo di papà in famiglia ci colse alla sprovvista, ero sconfortata soprattutto visto il forte legame che avevo con lui. Nonostante ciò mi accorsi che la situazione per quanto lo desiderassi non sarebbe cambiata e la cosa più giusta da fare era reagire. La malattia era diventata per me un modo per mettermi alla prova, per dimostrare tutto il mio affetto a papà standogli accanto. Così facendo mi accorsi ben presto che lui era ancora lì, nonostante apparentemente fosse cambiato e me ne accorsi prima degli altri, ripensandoci so di essere stata molto fortunata a non aver sprecato neanche un istante con lui. Fin dagli inizi (2013), sono riuscita ad accettare la sua malattia, e vivere a pieno ogni giorno, anche quelli più difficili, ma il tempo non sembra essere mai abbastanza e questi quattro anni sono volati via con papà.

Vorrei poter dire che sia stato tutto facile per me, vorrei poter raccontare di aver sempre agito nel migliore dei modi con lui, ma non è stato così. Se devo ricordare un momento particolare di questi quattro anni, non sento dolore dentro di me. Viene spesso raccontata da medici e parenti il degenero morale e fisico dei pazienti, ormai saprei descrivere a memoria i sintomi della malattia di papà. Voglio invece ricordare la sua voglia di vivere nonostante gli impedimenti, la sua capacità di amare senza parole o continue manifestazioni d’affetto. Era per noi quasi un gioco, scoprire come lui riusciva a dire “ti voglio bene” in modo spontaneo, innocente, quasi incomprensibile per molti. Mi piace pensare che quegli attimi siano indelebili nel mio cuore. Quando mi accarezzava i capelli per farmi addormentare, o mi passava la mano sulle guance come faceva quando ero piccola, rivedevo il papà che non se n’è mai andato, che ci ha amato fino alla fine. Un uomo che riusciva a sorridere nonostante la malattia obbligava il suo volto a contrarsi in una smorfia bizzarra, con degli occhi grandi e profondi ancora colmi di vita. Un padre che è stato capace di insegnarci tanto anche senza parlare affatto, solo con degli sguardi, con dei sorrisi, con la sua presenza.

Sono contenta di poter dire che papà non sia stato da solo in questa difficile lotta con la Fronto Temporale, accanto lui c’eravamo noi, la sua famiglia, i suoi amici, i medici tutti, che l’hanno seguito, curato, confortato, gli sono stati accanto fino alla fine.

Una volta lessi da qualche parte una frase che diceva: “quando curi una malattia puoi vincere o perdere, quando ti prendi cura di una persona vinci sempre”, non penso ci sia verità al mondo più sentita e profonda di questa. E ora siamo qui con la nostra vittoria in mano fatta di sorrisi, lacrime, sconforti e bei ricordi di papà che saranno nostri per sempre. Questi ultimi quattro anni sono stati intensi, veri, ricchi di emozioni, e a volte quando sento la mancanza di papà, ricordo quei momenti con nostalgia, anche se so che lui non vorrebbe.

C’è una cosa che mi sento di dire ai parenti dei malati: non perdete nessun istante con vostro papà, mamma, fratello, moglie, marito. Non gettate al vento nessun momento con loro perché siete arrabbiati, tristi, sconfortati; non vivete nei ricordi di chi era quella persona prima di ammalarsi, e non passate i giorni a cercare qualcuno da incolpare, la malattia, Dio, la scienza; non serve. Vivete il presente con loro, amateli come avete sempre fatto, parlategli come avete sempre fatto, perché quando se ne andranno nessuno vi ridarà il vostro tempo insieme. Ricordatevi sempre di loro, anche durante la malattia, perché anche nei momenti più difficili si può essere felici. Basta poco, basta solo amare.

 

Pamela